Economia

Bonomi: il lavoro sta cambiando, nelle imprese servono contratti legati ai risultati

6/1/2023

“Bene gli interventi su Industria 4.0 e Mezzogiorno ma occorre sostenere le aziende negli investimenti. Va ridotto il cuneo fiscale. È necessario tagliare gli sprechi e la spesa pubblica, un terzo delle 9 mila società partecipate è in perdita. Inoltre, il lavoro sta cambiando, nelle imprese servono contratti legati ai risultati”. Così il Presidente Carlo Bonomi in un’intervista a Il Messaggero in cui ha parlato dei principali temi dell’attualità, dalla Manovra, al cuneo fiscale, al lavoro, agli investimenti. Bonomi vede il 2023 in salita e incerto se le aziende saranno lasciate sole mentre, parlano dell’anno appena passato, ha sottolineato che è stato un anno in cui siamo andati meglio del previsto con una performance da parte delle imprese che nessuno si aspettava e di cui Bonomi si è detto particolarmente orgoglioso essendo il rappresentante del sistema industriale italiano. “Ma non possiamo pensare di essere invincibili. E non continueremo a ottenere – ha continuato Bonomi - performance superiori a quelle dei nostri partner francesi e tedeschi, come avvenuto nel 2022, se non sosterremo gli investimenti. Al centro di tutto c'è la crescita degli investimenti delle imprese. Quando lo Stato li ha sostenuti con Industria 4.0, si sono visti i benefici. Per questo alla prima bozza della manovra finanziaria sono stato critico: il capitolo del sostegno agli investimenti è fondamentale per lo sviluppo. È positivo che dopo il nostro richiamo sia stata recuperata la parte sugli investimenti nel Mezzogiorno e nelle Zes. Ed è positiva la proroga Industria 4.0 anche se sarà fondamentale renderlo strumento strutturale per la crescita del Paese. Utile anche il rifinanziamento della nuova Sabatini e del Fondo di Garanzia. Resta però necessario intervenire sul limite molto basso dei 16,5 Kw oltre i quali alle imprese restano a carico gli oneri di sistema in bolletta”. Sul cuneo fiscale Bonomi ha ribadito la richiesta di un intervento robusto. Ma in realtà Confindustria ha posto il tema di una riforma organica del lavoro ma le risorse per un intervento choc non si sono trovate e non si è ancora aperto un confronto essenziale per una riforma generale che abbia come obiettivo una maggiore occupabilità. Secondo Carlo Bonomi, “non possiamo accontentarci del 60% di occupati tra i 15 e i 64 anni, mentre nel Nord Europa il tasso è di 15-20 punti superiore. Per ottenere quel risultato servono interventi coordinati su fisco, contributi e politiche attive del lavoro - formazione e ricollocazione dei lavoratori affidate non ai centri pubblici per l'impiego ma a chi sa farle - che chiedono una visione organica e attuazione coerente in alcuni anni. Sul fisco, in legge di bilancio c'è una nuova estensione del forfait agli autonomi. L'Irpef diventa sempre meno imposta progressiva. Si accrescono così distorsioni e iniquità e, al momento, non si è ancora aperta una discussione sul fisco d'impresa. I redditi sotto i 35mila euro hanno perso potere di acquisto negli anni. Abbiamo un cuneo fiscale contributivo del 46,5 per cento; siamo il terzo paese in ambito Ocse e in Italia le tasse sul lavoro sono più alte di quelle sulle rendite finanziarie. Se vogliamo mettere in tasca più soldi agli italiani e insieme rimanere competitivi con le nostre imprese, lo strumento più immediato ribadisco essere il taglio contributivo. Nella legge di Bilancio si prevede una spesa pubblica in crescita a oltre 1.180 miliardi. Per più occupabilità non si potrebbe riconfigurare il 4-5 per cento di una spesa pubblica così ingente? Si può e anzi si deve fare. Ci sono novemila società a partecipazione pubblica di cui un terzo è in perdita e 1.200 hanno più amministratori che dipendenti. Inoltre, la Camera dei Deputati adesso ha 120 rappresentanti in meno ma l'anno prossimo costerà la stessa cifra. Abbiamo speso miliardi in sussidi fiscalmente regressivi senza concentrarli sugli 8-10 milioni di italiani che vivono in seria difficoltà. I bonus continuano a proliferare”. Sul tema del lavoro e sul Reddito di cittadinanza, il Presidente di Confindustria ha sottolineato la grande necessità di “una riforma che separi l'assistenza ai poveri dalle politiche attive. Uno strumento di contrasto alla povertà è necessario, siamo un paese che negli ultimi 11 anni, pur portando il debito pubblico da 1.900 a 2.800 miliardi, ha raddoppiato la spesa sociale a carico della fiscalità generale e ha raddoppiato insieme il numero dei poveri. È la prova che gli strumenti usati non funzionano”. E parlando delle ondate di prepensionamenti degli ultimi anni, Bonomi ha sottolineato che hanno dimostrato che non portano all’assunzione di giovani: “con quota 100 si prevedeva un'assunzione ogni quattro uscite, i dati invece dicono 0,4, neanche l'effetto sostitutivo. Quindi non si genera occupazione. Il mondo del lavoro si sta trasformando da decenni. Ma politica e sindacati continuano a intervenire sul lavoro guardando al passato. Continuano a inseguire il modello di un lavoro con contratto a tempo indeterminato in una azienda per tutta la vita. Non è così da decenni ormai. Non solo i giovani lavoratori oggi hanno esigenze diverse, succede anche alle nuove generazioni di imprenditori che hanno un approccio diverso al mondo del lavoro. Quindi, la visione è cambiata per i giovani che cominciano a lavorare ma anche per gli imprenditori. Il lavoro non è più il vecchio scambio fordista tra orario e salario. È un’attività che va misurata sul risultato, a prescindere dal luogo in cui lo si presta e dall'orario. Il contratto nazionale di lavoro resta un presidio virtuoso per i minimi salariali e i diritti del lavoratore. Ma i nuovi profili tecnici del lavoro oggi non si trovano nelle vecchie tabelle d'inquadramento nazionale di ogni settore, cambiano da impresa a impresa. Per questo serve un balzo in avanti della diffusione dei contratti integrativi aziendali: è lì che si decide la retribuzione ottimale per qualifiche, la metrica della produttività premiata, il welfare aziendale. Nonché un salario commisurato anche ai reali costi territoriali: il costo della vita a Milano non è quello di altre città. Nel sindacato aziendale questa consapevolezza c'è, a livello nazionale però politica e parte del sindacato ancora non lo capiscono perché spostare la contrattazione nelle fabbriche significa togliere potere alle direzioni centrali, al sindacato nazionale e ai partiti”. Infine, parlando delle necessità per il nostro Paese, il leader degli industriali ha affermato che servono interventi che spingano la crescita e gli investimenti. Secondo Bonomi “un rallentamento dell'economia ci sarà, i nodi geopolitici non sono risolti, e c'è una guerra di competitività fortissima. Tutte le associazioni industriali europee chiedono misure comunitarie per far fronte alla sfida del "buy american" di Biden e della dipendenza europea dai microprocessori asiatici. I governi di Francia e Germania prima di Natale hanno chiesto una risposta improntata su deroghe maggiori al limite degli aiuti di Stato. È una risposta sbagliata: le vie nazionali premiano chi ha più spazio fiscale per incentivare le proprie imprese, ma così si spezza il mercato unico europeo e l'Italia è svantaggiata. Sulle batterie per le auto elettriche rischiamo la stessa maxi-dipendenza dalla Cina che ci è costata carissima sui pannelli fotovoltaici. Servono risposte europee, visto l'ordine di grandezza delle misure a favore delle proprie imprese stanziate da Usa e Cina. E neanche più l’Europa è una formula sufficiente. All'Italia servono riforme organiche nel fisco, nelle pensioni, nella giustizia, nel lavoro. Oggi le risorse ci sono: tra Pnrr e fondi di coesione arriveranno 400 miliardi. È l'occasione per rendere l'Italia inclusiva, moderna, efficiente, sostenibile”.
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