Economia

Confindustria, audizione sul Regolamento imballaggi e rifiuti di imballaggi

22/5/2023

Francesca Mariotti, Direttore Generale Confindustria, è intervenuta in audizione presso le Commissioni Ambiente e Attività produttive della Camera dei Deputati sulla proposta di Regolamento del Parlamento Europeo del Consiglio sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio, che modifica il Regolamento (UE) 2019/1020 e la Direttiva (UE) 2019/904 e che abroga la direttiva 94/62/CE. Ecco il suo intervento. Il 30 novembre 2022 la Commissione Europea ha pubblicato la proposta di Regolamento che riforma la disciplina degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio (PPWR), che nell’ambito del Green Deal Europeo, si inserisce nel c.d. “secondo pacchetto sull’economia circolare”. Sebbene Confindustria condivida lo spirito della proposta, volto ad una maggiore razionalizzazione della produzione e gestione degli imballaggi e dei relativi rifiuti in un’ottica di promozione dell’economia circolare, molti sono gli aspetti critici del provvedimento che, se approvato nella formulazione presentata dalla Commissione Europea, rischia di danneggiare un intero sistema di eccellenza, con gravi e trasversali impatti su tutto il sistema industriale nazionale. L’UE deve dimostrare che l’azione che intende intraprendere abbia un “valore aggiunto” in termini di portata ed effetti, rispetto a un’azione dei singoli Stati membri e che gli atti vengano formulati in modo tale da minimizzare, per quanto possibile, obblighi e oneri a carico delle autorità nazionali, delle imprese e degli individui, scegliendo la misura meno restrittiva qualora esistente. La scelta di adottare lo strumento giuridico del Regolamento (direttamente vincolante) in luogo di una Direttiva, favorire il riuso a scapito del riciclo e la previsione di un unico modello di Responsabilità estesa del produttore basato sul deposito cauzionale in luogo dei sistemi di raccolta differenziata e riciclo, delineano una “nuova azione europea” con un ingiustificato cambio di rotta da parte della Commissione rispetto al quadro vigente in materia di rifiuti e di rifiuti d’imballaggio che fino ad oggi non ha mai imposto agli Stati membri un’unica soluzione per perseguire gli scopi di carattere ambientale prefissati dal legislatore UE. La proposta, infatti, non analizza tempi, costi e oneri che sarebbero imposti a cittadini e imprese per effetto di un modello unico di gestione dei rifiuti di imballaggi che non lascia alcun margine di adattamento agli Stati membri e non tiene conto di 30 anni di azioni, politiche e investimenti realizzati in linea con le direttive europee. Preoccupa l’aspetto della proposta riguardante il presunto vantaggio ambientale che deriverebbe dal riutilizzo a scapito del riciclo. Una scelta come questa, derivante da un approccio ideologico, rischia di impattare pesantemente anche sulla sicurezza alimentare e sulla salute delle persone, dal momento che gli imballaggi svolgono un ruolo di importanza strategica per la shelf-life degli alimenti e per l’igiene stessa dei prodotti. Da nostri studi ed evidenze empirico-scientifiche del sistema di riutilizzo degli imballaggi emergono tre aspetti: Impatti negativi sulla salute per la riduzione dei livelli di igiene e contrasto di fenomeni batteriologici. Gli articoli di servizio singolo (monouso) sono microbiologicamente più sicuri rispetto a quelli riutilizzabili. La probabilità di contaminazione microbica è risultata maggiore del 50% con i prodotti riutilizzabili rispetto agli articoli usa e getta utilizzati negli stessi stabilimenti. Il 15% degli utensili riutilizzabili aveva infatti conteggi microbiologici che superavano il livello massimo raccomandato per utensile. In media, per gli articoli usa e getta il numero di colonie era pari a due, mentre, per i materiali riutilizzabili, la media era di 410; maggior consumo di acqua ed energia; potenziali impatti ambientali negativi sull’ambiente in termini di sprechi alimentari. Alcuni numeri evidenziano che il sistema monouso si è dimostrato più rispettoso dell'ambiente in diverse categorie: cambiamenti climatici, formazione di particolato fine, esaurimento di fonti fossili, consumo di acqua dolce e acidificazione del suolo. Ad esempio, il sistema di riutilizzo ha generato il 177% in più di emissioni di CO2, ha creato il 238% in più di esaurimento dei combustibili fossili e ha consumato il 267% in più di acqua dolce rispetto al sistema monouso, generando il 137% in più di particolato fine. In conclusione, quindi, il confronto tra i sistemi monouso e multiuso mostra che per il sistema monouso, gli impatti maggiori sono generati durante la produzione a monte degli articoli, mentre il principale contributo agli impatti del sistema multiuso è la fase di utilizzo, cioè il lavaggio degli articoli. Quindi, tanto i prodotti monouso, quanto le opzioni riutilizzabili, svolgono un ruolo importante nella transizione verso un’economia di tipo circolare e, per tale ragione, dovrebbero essere soluzioni complementari e non concorrenti. Inoltre, poiché operazioni di preparazione per il riutilizzo richiedono rilevanti consumi di acqua e di energia, è invece possibile affermare che il riutilizzo non è sempre la scelta più sostenibile, anche in considerazione dell’attuale situazione che l’Italia e molti altri Paesi del Sud Europa si trovano a vivere con il diffondersi degli allarmi di siccità. Confindustria auspica di identificare la scelta più equilibrata e più idonea al perseguimento degli obiettivi generali di razionalizzazione dell’uso degli imballaggi, in una sostanziale parificazione del ricorso, da parte degli Stati membri, al riuso e/o al riciclo. Garantendo la necessaria flessibilità nella scelta dell’una o l’altra soluzione, infatti, si preserva sia l’obiettivo principale del Regolamento, sia la vocazione – anche infrastrutturale – del singolo Stato membro, con un bilanciamento corretto di tutti gli interessi meritevoli di protezione. Per questa ragione, tra le diverse proposte presentate da Confindustria, c’è quella di sopprimere l’articolo 26 che disciplina gli obiettivi obbligatori di riutilizzo e ricarica e scapito degli imballaggi monouso riciclabili. Tra le criticità del provvedimento, purtroppo, sono presenti anche divieti di produzione per diverse tipologie di imballaggi monouso e una serie di discriminazioni tra materiali che, oltre ad essere ambientalmente non sostenibili, comporterebbe anche gravi ricadute sull’export. Anche in questo caso, le restrizioni imposte non sono giustificate da alcuna valutazione di impatto e non tengono conto né delle proprietà dei materiali, né dell’efficacia dei sistemi di riciclo già consolidati in alcuni Stati Membri, come l’Italia, che ne consentono una gestione sostenibile anche se impiegati in applicazioni monouso. Il rischio, quindi, è quello di vanificare gli sforzi e gli investimenti compiuti dai settori industriali e dai Paesi più virtuosi che hanno condotto ad oggi al raggiungimento e al superamento degli obiettivi europei di riciclo degli imballaggi. La proposta della Commissione ha un atteggiamento pregiudizievole anche per le bioplastiche compostabili: finendo per penalizzarle anziché valorizzarle, vietandone molte applicazioni. Mantenere tale libertà di scelta è la chiave per ottenere i migliori risultati per i consumatori e l’ambiente. Infine, un’ulteriore e importante criticità è rappresentata dall’identificazione, per alcune tipologie di imballaggi monouso, del cauzionamento come modello di restituzione che i singoli Paesi devono adottare. Questo aspetto rischia di penalizzare gli Stati membri come l’Italia che hanno basato il loro sistema sul CONAI e sui consorzi di filiera, riuscendo comunque a superare tutti i target europei di avvio al riciclo dei rifiuti d’imballaggio, grazie alla collaborazione tra imprese e Comuni, raggiungendo, con 9 anni di anticipo, i target fissati a livello UE al 2030. Non vi è, quindi, a nostro avviso, nessuna ragione per istituire in Italia un altro sistema basato sul deposito cauzionale, sia che affianchi, sia che sostituisca quello esistente, in quanto genererebbe maggiori costi e difficoltà per cittadini e imprese. Confindustria ritiene fondamentale assicurare il rispetto del principio di neutralità tecnologica per tutti i sistemi di raccolta per il riciclaggio (compresa la differenziata). Il Regolamento, quindi, non dovrebbe né promuovere, né obbligare, gli Stati Membri ad adottare un modello unico come il DRS, ma dovrebbe piuttosto consentire che vi sia un’articolazione di differenti sistemi nazionali, valorizzando i diversi modelli già esistenti e operativi, purché si raggiungano o siano già stati raggiunti gli obiettivi fissati a livello UE. (Una delle proposte avanzate da Confindustria è quella di prevedere la possibilità per uno Stato Membro di ritardare di 5 anni l’istituzione del sistema DRS, a condizione che entro il 1° gennaio 2029 lo SM abbia raggiunto un tasso di raccolta compreso tra l’80-85%). In conclusione, auspichiamo una sostanziale e profonda rivisitazione dell’intero provvedimento, per orientarlo ad un maggiore equilibrio e flessibilità, che tenga conto delle specificità di tutti gli Stati Membri, valorizzando le vocazioni di ognuno nel solco della transizione circolare.
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