Economia

Confindustria in audizione sul Documento di Economia e Finanza

24/4/2024

Confindustria è intervenuta in Audizione sul Documento di Economia e Finanza 2024 presso le Commissioni Bilancio della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica. La crescita italiana ha sorpreso in positivo nel 2023, arrivando allo 0,9%, grazie agli investimenti, ancora trainati dalle costruzioni, e il recupero dei sevizi. Guardando avanti ci sono due potenti stimoli: il taglio dei tassi di interesse, che i mercati ipotizzano a giugno, al più tardi a luglio, e l'attuazione del Pnrr. Di contro vari fattori tenderanno a frenare il Pil italiano nel biennio (pur con un effetto netto positivo): il costo dell'elettricità, le strozzature mondiali nei trasporti, la graduale uscita dal superbonus. Queste le premesse con cui Confindustria ha presentato la sua posizione nell'audizione che si è tenuta ieri sul Def, presso le Commissioni Bilancio della Camera e del Senato. Se sulla crescita e sul rientro dal deficit il Csc conferma quanto indicato dal quadro di finanza pubblica, meno in linea è la previsione sul debito: per il Csc è al 139,1% del pil nel 2024, 1,8 punti di pil in più rispetto al 2023, e al 141,1% nel 2025. Per il governo rispettivamente 137,8 e 138,9. Da Confindustria sono arrivate alcune proposte su temi specifici: La riforma fiscale Circa l’attuazione della riforma fiscale, si apprezza quanto fatto finora per alleggerire la tassazione sul lavoro e per semplificare il sistema, ma si sottolinea la necessità di proseguire nel processo di riforma organica, intervenendo in particolar modo sulla struttura sostanziale dei tributi, nell’ottica di una loro riduzione e razionalizzazione, come suggerito anche nelle Raccomandazioni del Consiglio europeo. A nostro avviso, ciò dovrebbe comportare un più ampio ridisegno delle regole di tassazione del reddito da lavoro dipendente, a partire proprio dal taglio del cuneo contributivo. Anche in termini di IRPEF sarebbe utile rivedere l’intervento su aliquote e scaglioni, attualmente limitato al solo 2024. Va, invece, completata la riforma dell’IRES - funzionale a rendere più competitivo il sistema produttivo italiano – si dovrebbe pervenire alla riduzione dell’imposta valorizzando specifiche tipologie di investimenti e non limitarsi all’attuale agevolazione (peraltro transitoria) per le nuove assunzioni. Suggeriamo, inoltre, una maggiore cautela nell’eliminare tout-court misure di sostegno alla capitalizzazione delle imprese (pensiamo all’ACE). In mancanza di un ridisegno complessivo dell’IRES, si rischia, infatti, di lasciare le imprese prive di strumenti atti a tale scopo. L’attuazione del PNRR Il vero e proprio perno della strategia del Governo sulle politiche pubbliche per i prossimi anni è l’attuazione del PNRR. Anche alla luce del percorso di aggiustamento della finanza pubblica sopra richiamato, Confindustria condivide tale approccio. In termini di spesa, le risorse erogate fino ai primi mesi del 2024 sono state pari a circa 45 miliardi, meno di un quarto della dotazione complessiva di oltre 194 miliardi da spendere entro il 2026. La recente rimodulazione del Piano ha comportato, poi, una apprezzabile maggiore focalizzazione delle risorse verso le imprese: sul totale delle risorse rimodulate, circa 12 miliardi sono destinati a queste ultime, di cui 6,3 per Transizione 5.0 (per la quale si attende ancora la definizione delle regole di accesso) e 2,5 per filiere green e net zero technologies. La rimodulazione del PNRR è stata molto attesa dal mondo imprenditoriale, in quanto, considerati i contenuti dell’ultima legge di bilancio, le uniche risorse per gli investimenti produttivi per il 2024 (e probabilmente per il 2025) sono da ricercarsi proprio nel PNRR. Su tali presupposti, nei prossimi mesi sarà ancor più rilevante assicurare la tempestiva ed efficace implementazione del PNRR e, quindi, l’effettiva messa a terra delle risorse, rispetto alle quali, ad oggi, registriamo ancora significative incognite, soprattutto in merito agli investimenti pubblici. Torniamo a ribadire che è una sfida da vincere, anche perché, altrimenti, indeboliremmo l’ambizione di costruire una capacità fiscale comune a livello europeo. Attenuare il costo dell’energia Come già menzionato, il costo dell’elettricità pagato dalle imprese resta più alto in Italia rispetto ai principali paesi UE e anche rispetto agli altri grandi competitor internazionali, come USA e Giappone. Una maggiore integrazione del sistema europeo, una riforma del mercato elettrico, con la separazione della generazione da fossili da quella da rinnovabili, che si prevede avranno costi progressivamente inferiori, nonché lo sviluppo di nuove tecnologie e l’attuazione di attente misure di policy (incremento risorse per la compensazione dei costi indiretti ETS, attuazione misure DL Sicurezza Energetica, etc.), potrebbero attenuare i costi dell’energia per le imprese italiane e ridurre (sebbene non eliminare) la dipendenza estera. Transizione 5.0 La diminuzione dei costi energetici per le imprese italiane può e deve avvenire anche come risultato dell’efficientamento energetico dei processi produttivi. Proprio perché volta a incentivare investimenti con questa finalità, Confindustria ritiene che Transizione 5.0, tra i nuovi interventi inseriti nella revisione del PNRR, sia cruciale in chiave strategica per la competitività delle imprese. A maggior ragione perché in Legge di bilancio non erano previste ulteriori misure a sostegno degli investimenti privati. Tuttavia, in merito al Piano Transizione 5.0 evidenziamo una serie di criticità, che necessitano di attenzione. Prima fra tutte, l’esclusione dall’accesso all’agevolazione di alcuni settori e attività che non rispondono al principio di non arrecare significativo danno all'ambiente, come previsto dal PNRR. Analogamente si rappresenta l’importanza di assicurare operatività piena agli strumenti automatici di supporto agli investimenti in R&S. Sul tema Transizione 5.0, vale, inoltre, la pena rimarcare la preoccupazione del comparto delle imprese per la ristrettezza dei tempi complessivi per l’attuazione degli investimenti. In quest’ottica, segnaliamo ulteriori elementi di incertezza sul piano degli investimenti, legati alla necessaria implementazione – speriamo senza ritardi – dei nuovi obblighi di comunicazione previsti per i crediti di imposta 4.0 e Ricerca e Sviluppo; sebbene comprendiamo le ragioni di finanza pubblica sottese a tale intervento, non possiamo sottacere come contrarre la liquidità delle imprese con una normativa d’urgenza, avente peraltro efficacia retroattiva, non aiuti a dare certezze alle imprese e mini la loro capacità di programmare i prossimi investimenti, anche sulla base del nuovo piano Transizione 5.0. Soppressione di Plastic e Sugar tax Segnaliamo che il DEF riporta gli impatti sul gettito dovuti al differimento al 1° luglio 2024 dell’entrata in vigore delle due imposte sul consumo, ossia plastic tax e sugar tax, introdotte nel 2020 e mai divenute operative per le loro gravi criticità. Confindustria ritiene prioritaria e non più rinviabile la loro definitiva soppressione, visto che la loro entrata in vigore avrebbe un impatto fortemente penalizzante e, peraltro, non compensato da sufficienti effetti positivi né in termini di gettito, né tanto meno in termini sociali o ambientali. Il nuovo Codice della proprietà industriale, concorrenza e giustizia civile Quanto alle riforme, il DEF/PNR richiama, tra le altre, il nuovo Codice della proprietà industriale, rilevante tanto per la promozione degli investimenti in ricerca e sviluppo (R&S), quanto per la crescita delle imprese innovative. Il completamento di questa riforma rappresenta un passo importante, anche perché essa rafforza le partnership pubblico- private nella attività di R&S e valorizza l’autonomia negoziale nei casi di attività di ricerca pubblica finanziata dai privati. Riguardo alla concorrenza, è condivisibile la volontà del Governo di approvare con cadenza annuale la relativa legge. Al contempo, continuiamo a registrare una certa resistenza politica a condividere la portata liberalizzatrice della legge annuale e ad assicurare coerenza tra le dichiarazioni di principio e le singole scelte legislative. Altro tema cardine rimane l’efficienza della giustizia civile, sia per la competitività del Paese, sia per la fiducia di cittadini e imprese. La valutazione complessiva di Confindustria sulle azioni avviate in questo campo fin dal 2021, in attuazione del PNRR, è positiva. Rapporto tra la la politica di coesione e il PNRR e ZES Unica Ulteriore passaggio importante del DEF/PNR è quello dedicato al rapporto tra la politica di coesione e il PNRR. In questo senso, sulla politica di coesione nazionale è intervenuto, lo scorso autunno, il cd. decreto-legge Sud, che ne ha rafforzato il collegamento col PNRR. Questa riforma, pur condivisibile nei principi, presenta alcune incognite. Emerge che è stato reso operativo, nell’ambito della Cabina di regia PNRR, un Gruppo di lavoro tecnico cui hanno partecipato le Autorità di gestione dei programmi. Tuttavia, a oggi, il partenariato economico non è stato coinvolto in questo processo. Ulteriore tema cui il DEF/PNRR dedica alcune considerazioni, di carattere essenzialmente ricognitivo, è la ZES unica. Continuiamo a ritenere che l’idea di fondo sia condivisibile e che, in linea teorica, essa possa rappresentare un’opportunità di sviluppo importante. Affinché funzioni in concreto, occorre però superare i ritardi finora registrati nell’attuazione. Resta poi essenziale valorizzare le peculiarità e i punti di forza dei diversi sistemi produttivi regionali e sub-regionali, nonché dotare la ZES unica di risorse adeguate per garantire ai relativi strumenti di incentivazione e semplificazione un’opportuna continuità nel tempo.
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