Economia

Ecco il piano Ue per salvare le esportazioni di cereali dall’Ucraina

16/5/2022

Arriva il piano di emergenza della Ue per salvare 1/3 delle esportazioni di cereali, dal grano al mais fino all’orzo, che l’Ucraina indirizza ogni anno verso i Paesi dell’Unione. È quanto annuncia la Coldiretti nel rendere noti i contenuti del “Piano d’azione UE per facilitare le esportazioni agricole dall’Ucraina” preparato dal commissario europeo all’agricoltura per facilitare i trasporti delle merci ucraine via terra, per ferrovia e gomma, e via mare, mentre sono ancora bloccati i porti del Mar Nero mentre diverse aree del paese sono sotto bombardamento russo. Un piano coerente con le mozioni di maggioranza e di Fdi approvate a larga maggioranza dall’Aula della Camera sulle iniziative a sostegno del settore agroalimentare in relazione alla crisi Ucraina che invitano il governo a varare “un’organica iniziativa di sostegno alla ripresa e allo sviluppo del settore agricolo in Ucraina, nel quadro di azioni promosse dall’Unione europea in conseguenza delle distruzioni subite dall’aggressione bellica della Russia, avviando misure di sostegno atte a consentire la ripresa e la continuità della piena capacità di produzione agricola dell’Ucraina”. Nell’Unione Europea prima della guerra sono arrivate durante l’anno dall’Ucraina oltre 700mila tonnellate di grano pari al 4% delle importazioni totali e 65 mila tonnellate di grano duro, che rappresentano poco più dell’1%, ma anche quasi 9 milioni di tonnellate di mais (25% del totale import) e di circa 2 milioni di tonnellate di olio di girasole (45% del totale import), secondo le elaborazioni Coldiretti su dati del Centro Studi Divulga. Il piano di azione della Ue punta a facilitare il trasporto ferroviario velocizzando il trasferimento delle merci dai treni delle linee ucraine a quelli europei che viaggiano su un sistema di binari a scartamento diverso e non compatibile con quello di Kiev. Inoltre per ovviare al blocco russo dei porti del Mar Nero, la Ue pensa di sfruttare per le spedizioni quelli polacchi sul Baltico, potenziando le strutture di stoccaggio oltre a potenziare a sud ovest i corridoi di collegamento europeo con Ucraina e Moldova. L’obiettivo è anche snellire le procedure burocratiche di ingresso delle merci in Europa che però non deve tradursi in minori controlli e garanzie per la salute e la sicurezza dei consumatori. In questo modo l’Unione potrà aiutare l’Ucraina sotto attacco russo e al tempo stesso fare fronte alle sue esigenze alimentari. Secondo l’analisi della Coldiretti sull’ultimo “Short term outlook” della Commissione Ue l’Europa nel suo complesso produce il 93% del mais di cui ha bisogno, l’82% del grano duro per la pasta, il 142% del grano tenero per il pane, il 121% dell’orzo, il 109% del riso, il 101% dell’avena, ma appena il 64% dei semi oleosi, dalla soia al girasole e il 78% delle farine di soia e girasole. L’Ucraina è uno dei principali produttori di cereali nel mondo e rappresenta il 10% del commercio internazionale di frumento tenero destinato alla panificazione ma anche il 15% del mais per gli allevamenti. E se un terzo dei cereali ucraini finisce in Europa, eguali quantità sono destinate alla Cina e all’Africa dove il blocco causato dall’invasione russa allarga l’area della povertà alimentare con il rischio di carestie. Una emergenza che riguarda direttamente l’Italia che è un Paese deficitario ed importa addirittura il 62% del proprio fabbisogno di grano per la produzione di pane e biscotti e il 46% del mais di cui ha bisogno per l’alimentazione del bestiame, secondo l’analisi della Coldiretti dalla quale si evidenzia peraltro che l’Ucraina è il nostro secondo fornitore di mais con una quota di poco superiore al 13% (770 mila tonnellate all’anno), ma garantisce anche il 3% dell’import nazionale di grano secondo lo studio Divulga. Un dato che conferma l’importanza di garantire il libero mercato e la solidarietà all’interno dell’Unione Europea per affrontare l’emergenza con gli allevatori italiani che devono infatti subire già incrementi di costi pari al 57% secondo il Crea che in molti casi superano i prezzi alla stalla. Oltre all’Ucraina tra i principali fornitori di mais dell’Italia ci sono infatti la Slovenia 13% (780 mila tonnellate) e l’Ungheria 30% (1,85 milioni di tonnellate) contro la quale si è da poco pronunciata la Commissione europea per evitare misure protezionistiche a danno del mercato interno europeo. “L’Italia è costretta ad importare materie prime agricole a causa dei bassi compensi riconosciuti agli agricoltori che hanno dovuto ridurre di quasi 1/3 la produzione nazionale di mais negli ultimi 10 anni” afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare l’importanza di intervenire con per salvare aziende e stalle lavorando da subito ad accordi di filiera tra imprese agricole e industrie con precisi obiettivi qualitativi e quantitativi e prezzi equi che non scendano mai sotto i costi di produzione. “Ma occorre investire per aumentare le rese dei terreni con bacini di accumulo delle acque piovane contro la siccità e sostenere l’innovazione tecnologica a supporto delle produzioni e della biodiversità per fronteggiare al meglio anche l’impatto dei cambiamenti climatici”.
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