Trasporti e logistica

Stiamo gia' navigando nel futuro

20/7/2022

“Tanti colleghi e tanti amici si congratulano in questi giorni per la nomina, e li ringrazio, ma io la vivo come una grandissima responsabilità. Anzi mi viene in mente – ma non lo scriva! – quel modo di dire celebre: hai voluto la bicicletta? Adesso pedala!»: l’autoironia fa parte dello stile inconfondibile di Manuel Grimaldi, amministratore delegato del Gruppo Grimaldi, di gran lunga il primo gruppo armatoriale a capitale e sede italiani, con 130 navi, 17 mila dipendenti e oltre 3,4 miliardi di fatturato. La “bicicletta” è la presidenza della Ics, la International Chamber of Shipping, ovvero l’associazione mondiale degli armatori, che gli è appena stata assegnata. Ma non è stato certo lui a “volerla”, questa “bicicletta”: lo hanno eletto a furor di popolo i colleghi di tutto il mondo, rendendolo così il primo armatore italiano ad essere stato presidente dell’Associazione nazionale della categoria, la Confitarma, di quella europea (Ecsa) e oggi anche di quella mondiale, nel cui vertice era peraltro già passato per un mandato come membro della vicepresidenza a cinque che contraddistingue l’Ics. «Nel mondo dello shipping – riconosce l’armatore, in quest’intervista rilasciata ad Economy immediatamente dopo la nomina formale - sono certamente molto conosciuto, ho servito a lungo il nostro mestiere, in realtà ci ho speso tutta la mia vita professionale, lavoravo già dai 18 anni, ho girato il mondo, ho avuto la fortuna di incontrare alcune delle grandi icone del settore, a cominciare da mio padre Guido e da mio zio Achille, e ho incontrato tanti grandissimi armatori in tutti i Paesi del mondo, godo della loro fiducia. Ma so di essermi accollato una grande responsabilità in un momento difficilissimo, che però forse offre grandi opportunità se riusciremo ad attuare il cambiamento importante che occorre e con cui, oltre a giovare all’intero pianeta, lo preserveremo per le prossime generazioni». **Dottor Grimaldi, partiamo dall’attuale congiuntura economica. Non è per niente facile.** Fosse solo un problema di economia. È il momento nel suo insieme ad essere molto difficile. Viviamo situazioni controverse. L’inflazione, ad esempio: in Europa non deriva da un eccesso di domanda ma da una scarsità di offerta. Oppure il drammatico capitolo della guerra e degli armamenti. Tutti perseguiamo la pace. Alcuni la vogliono raggiungere col massimo degli armamenti; ma indubbiamente in questo modo si rischia di surriscaldare ulteriormente la situazione. Insomma, oggi tutto è difficile e controverso e si offre a varie letture. In un mondo molto diviso dove Nord e Sud ed Est e Ovest la pensano in modo differente, è fatale il dissidio. D’altronde, da un quadro del genere se sono un petroliere americano ricavo molti benefici... Per noi armatori, che siamo cittadini del mondo, la prima esigenza è la pace, la fine di questo conflitto, che è peraltro paurosamente vicino ai nostri confini, è figlio di una lunga e continua escalation e sta mietendo vittime innocenti, civili, donne, bambini, facendo danni enormi, scatenando pazzesche tragedie e, paradossalmente, generando un’enorme ondata di emissioni nocive. **Ecco, entriamo in argomento, presidente. Tra i grandi armatori del mondo lei è stato il primo e a lungo l’unico a predicare ma soprattutto praticare la decarbonizzazione. La flotta Grimaldi ormai è tra le più efficienti in termini di emissioni di CO2 per unità di carico trasportata. Pensa che i colleghi la prenderanno a modello?** Posso dirle che la transizione energetica per contenere il cambiamento climatico è la sfida che ci coinvolge maggiormente. Dobbiamo tutti migliorare le nostre performance. Evitando però un effetto paradossale: se per incentivare la transizione energetica dello shipping si dovesse decidere di tassare i combustibili fossili, e farlo in una fase in cui hanno già costi stellari, si rischia di cancellare la competitività che oggi ha lo shipping rispetto alla gomma e sospingere più traffici sulle strade, dove i trasporti sono più inquinanti! **Chi sarà il suo interlocutore come presidente mondiale degli armatori?** È l’Imo, l’International Maritime Organization, l’Agenzia dell’Onu che si occupa di sicurezza in mare, di inquinamento marino, di responsabilità e risarcimenti. Il segretario generale è il sudcoreano Kitack Lim, che è stato a capo della divisione ambientale dell’Imo ed è quindi competente e sensibile a questi temi. È un regolatore mondiale, che si ispira al modello organizzativo dell’Onu. Ma è sempre difficile trovare accordi quando bisogna mediare tra un numero enorme di Paesi, portatori di interessi diversi e spesso contrapposti. Oggi ci sono Paesi che si possono permettere relativamente a cuor leggero di tagliare le loro emissioni perché sono all’avanguardia ecologica e tecnologica, ma i Paesi di recente industrializzazione difficilmente rinunceranno al diritto di inquinare come noi abbiamo fatto ieri… All’estremo opposto ci sono Paesi che rivendicano soluzioni estreme, perché se il mare salisse di cinque metri li sommergerebbe. **Ma lei cosa prevede: il mondo riuscirà a contenere il riscaldamento globale e l’innalzamento degli oceani?** Esistono interessi differenti e anche divergenti in materia. È chiaro che sono in campo lobby potentissime: tutti i petrolieri e molti trasportatori vorrebbero in qualche modo ritardare il tramonto del loro business, e forse un rallentamento è anche necessario visto che di soluzioni alternative convincenti non ne sono state ancora trovate. Quando parliamo di ammoniaca o idrogeno pulito come carburanti a emissioni serra zero, parliamo di qualcosa che non esiste ancora. Ovvero: o non viene ancora prodotto, o se viene prodotto lo si fa creando una black tail, una coda nera, spaventosa: ossia un altissimo tasso di inquinamento alla fonte, necessario per generare l’energia elettrica che occorre per produrre quegli elementi. Ma finché produciamo elettricità bruciando carbone, non è ancora peggio che bruciare direttamente gasolio? **Bisogna spingere sulla produzione elettrica da fonti rinnovabili?** Certamente, ma oggi solo una parte limitata dell’energia elettrica è prodotta da fonti rinnovabili. In Italia circa il 50%. Il resto ha ancora bisogno dei combustibili fossili. Per migliorare questo rapporto occorre un lungo periodo di gestazione. Ma dobbiamo procedere nella ricerca e trovarle, queste soluzioni nuove. Con equità verso tutti i Paesi del mondo. **Per quanto tempo ancora, e in che proporzione, andrà utilizzato il gas?** Non è la panacea, è un combustibile fossile che produce a sua volta CO2, e peraltro quando si disperde direttamente dai giacimenti all’atmosfera è 30 volte più dannoso della CO2 per la fascia dell’ozono e quindi crea problemi di riscaldamento globale anche maggiori. **Eppure qualcosa è cambiato in meglio negli ultimi cinque anni, su questo fronte: non è così? Quando Economy è tornata in edicola di questo tema si parlava appena, oggi se non altro è all’attenzione del mondo.** Chi ha fatto bene i compiti, cioè si è preparato bene al contrasto al cambiamento climatico, alla riduzione delle emissioni, al trasporto che consuma il minimo possibile di energia, oggi paradossalmente con un petrolio carissimo e ulteriormente tassato, sta facendo grandi risparmi di carburante e ottiene il massimo vantaggio dalla sua previdenza. Noi, come Grimaldi, impegnandoci al massimo sulla sostenibilità della nostra flotta abbiamo investito tanto ma oggi otteniamo un risparmio doppio in termini di consumo e quindi costo del carburante. Il che si traduce in una maggiore efficienza e competitività. Le navi Grimaldi consumano la metà della media del mercato e in questo momento di costi energetici impazziti si rivelano molto più efficienti di quelle di numerosi competitor. Ne consegue che quel che per alcuni è una iattura, per altri è un’opportunità. E oggi anche il costo di produzione delle navi nuove è esploso per il rincaro delle materie prime e ancora dell’energia assorbita dai cantieri. Anche l’aver ridotto l’indebitamento quando i tassi erano negativi significa oggi avere meno oneri finanziari. Torno alla metafora degli esami: se la commissione esaminatrice è severa, chi ha studiato meglio non ha niente da temere. **E veniamo al suo mandato all’Ics: quali saranno le linee guida?** Innanzitutto il benessere degli equipaggi. Ci sono quasi 3 milioni di marittimi su 90 mila navi nel mondo che hanno sofferto moltissimo durante la pandemia. Andrebbero ringraziati da tutti. C’è chi è stato un anno lontano dalla famiglia, in mare, segregato al lavoro. Pensi ai marinai asiatici sulle rotte atlantiche: come facevano a tornare a casa? Ecco: bisogna tener presenti i sacrifici fatti e compensarli con condizioni di lavoro migliori, confrontarsi su tutto con i sindacati mondiali, discutendo dei livelli minimi di remunerazione, dei tempi di lavoro e di riposo e della sicurezza sul lavoro: ancora troppo incidenti, anche mortali. Dobbiamo intervenire con decisione. E poi in generale rispetto alla pirateria occorre lavorare sul fronte della sicurezza delle nostre navi, dei nostri equipaggi e dei nostri carichi. Nel Corno d’Africa e nella parte orientale del continente il fenomeno è stato arginato, ma ora si sta spostando sulle coste africane occidentali. Anche alcune navi italiani sono state attaccate. Servirà che le agenzie internazionali si attivino di più. **E l’Ics si impegnerà sul fronte della riduzione delle emissioni.** Certamente, sarà l’argomento principe. Per il pianeta, lo shipping non è il problema, è semmai la più grande opportunità. Il trasporto marittimo le emissioni per tonnellata trasportata le riduce rispetto a tutti gli altri vettori. Possiamo e dobbiamo fare però molto di più per arrivare al net-zero. Navi elettriche o navi nucleari? Già molte navi viaggiano a propulsione atomica, in Finlandia accanto alle nostre car-carrier sono ormeggiati i grandi rimorchiatori tagliaghiacci, e la sicurezza dei loro propulsori è estremamente migliorata negli anni. Ritengo tuttavia che la soluzione non verrà da un’unica tecnologia ma da un mix. Ad esempio, se parliamo di una nave piccola che deve coprire tratte modeste, non escludo che possa usare l’elettrico, con le ricariche in porto. Quando si riuscirà a produrre ammoniaca verde, la si potrà usare per le tratte medio-lunghe. E magari il nucleare potrà spingere le tratte lunghissime. Inoltre, la CO2 può essere catturata attraverso gli scrubber di nuova generazione che stiamo elaborando anche noi, e può essere trasferita e immagazzinata nei doppifondi della nave e poi venduta alle industrie che la impiegano. O ancora discaricata nei pozzi petroliferi dismessi. E poi l’idrogeno o il bio-fuel, ciascuno con indicazioni e controindicazioni. Insomma, il quadro è complesso ma interessante, nessuna soluzione va demonizzata né idolatrata, vanno collaudate tutte, un po’ come negli sport equestri: spesso alla partenza si sa che ci sono 5 o 6 purosangue tutti potenzialmente in grado di vincere, bisogna metterli alla prova. Intanto occorre ridurre significativamente il carburante necessario per muovere le navi, tagliando i consumi anche del 50%. E poi cercare le soluzioni finali, che oggi non sembrano ancora a portata di mano. **E gli Stati cosa devono fare, a suo avviso?** Gli Stati e i regolatori devono in qualche maniera finanziare o comunque assecondare i pionieri di queste ricerche, quelli che sperimentano, che provano. È un investimento sul futuro del pianeta. Fonte: (www.economymagazine.it)
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